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I TEMPI DELLE DONNE. Nella bella pittura del 900

Biografie degli artisti in mostra

Evangelina Gemma Alciati (Torino, 1883–1959)

Di famiglia torinese, frequenta la scuola femminile “Domenico Berti”, ma dopo tre anni s’iscrive all’Accademia Alber-tina di Torino, dove si diploma nel 1903 con Giacomo Grosso. Subito dopo, fino al 1906,si reca a Parigi dove frequenta Giovanni Boldini e il ritrattista Eugène Carrière. Al ritorno a Torino la pittrice si lega sentimentalmente ad Anacleto Boccalatte, anch’egli studente dell’Albertina, dal quale ha un figlio. Il 1907 è l’anno dell’esordio nelle grandi mostre piemontesi con un ritratto esposto alla Promotrice. Nel 1913 alla II Esposizione Femminile Internazionale di Belle Arti del Valentino le viene dedicata un’intera sala con quattordici ritratti e un paesaggio. Ritrattista incisiva e ardita paesaggista, è apprezzata anche da casa Savoia. I suoi dipinti si trovano in musei pubblici e privati, fra cui la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Palazzo Pitti a Firenze, la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.

Giuseppe Amisani (Mede, 1881 – Portofino, 1941)

Pittore dallo stile e dalla tecnica straordinari, soprattutto nell’uso del colore, fu insieme ad Antonio Ambrogio Alciati uno dei ritrattisti e affrescatori più apprezzati nella scena artistica milanese. Si formò all’Accademia di Brera con Cesare Tallone e partecipò alla Biennale di Venezia del 1920.Fu anche un paesaggista e ritrattista di fama mondiale: sue opere sono infatti esposte in collezioni internazionali. La critica del tempo lo definì il «Pittore dei principi e dei re»: etichetta che bene descrive lo status raggiunto. Già nel 1912 gli aveva dato infatti grandissima popolarità “Lyda”, un ritratto della celebre diva del muto Lida Borelli, donna di bellezza preraffaelita. Ma c’è un Amisani paesaggista che, specie in Egitto, esprime qualità compositive che possono far ritenere le sue vedute addirittura superiori ai ritratti negli esiti e terreno della sue sperimentazioni.

Carlo Bellesia (Milano, 1899–1973)

Frequenta l’Accademia di Brera e la Scuola d’Arte superiore di Milano. Espone nelle maggiori rassegne nazionali, tra cui vanno ricordate la Biennale di Venezia del1938, dove presenta le opere Ponte Selva e La svolta di Clusone; la Terza Quadriennale di Roma del 1939; la Mostra del sindacato Nazionale di Milano del 1941; i quattro con-corsi del Premio Bergamo (dal 1939 al 1942);il Premio Verona; la Mostra degli Artisti Lombardi a Cernobbio. Nel 1943 tiene una personale alla Galleria Gavioli di Milano, nel 1964 alla Società Artistica e Patriottica; espone a Milano, Firenze, Roma, Bergamo, Palermo, Genova, Zurigo, New York e in California. Consegue premi e riconoscimenti ,tra i quali si distinguono l’acquisto di un’o-pera da parte di S.M. il Re nel 1932; il Premio Viggiù (Medaglia d’oro); il Premio Sallustio Fornara alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Il successo della sua produzione negli anni fra le due guerre è attestato dalla qualificata bibliografia critica; infatti hanno scritto di lui, tra gli altri, Carlo Carrà, Mario Sironi, Leonardo Borgese, Dino Bernardi.

Alfredo Beltrame (Lipsia, 1901 – Milano, 1996)

Nato a Lipsia da padre italiano e madre tedesca, si stabilisce definitivamente a Milano nel 1915 all’inizio della Prima Guerra Mondiale. Studia all’Accademia di Brera sotto la guida di Alciati che nel 1923 lo congeda raccomandandolo come ritrattista. Nel 1924partecipa alla I Mostra Nazionale del ritrattofemminile a Villa Reale, Monza: nel 1925alla Biennale di Brera con il ritratto della madre. Nel 1927 la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia e nel 1928 alla I Quadriennale romana. Negli anni successivi, fino alla scomparsa avvenuta nel 1996, Beltrameè ospitato dalle più note gallerie con mostre personali: Petrides (Parigi) 1938, grazie al quale ottiene l’invito per esporre al Salon des Tuileries; Galleria Nuova (Milano) 1940;Gianferrari (Milano) 1940, 1944; Ambasciata italiana a Parigi (collettiva con De Chirico, De Pisis, Severini, Savinio, Campigli e altri)1948; collabora con le più note gallerie d’Italia e d’oltralpe. Tra gli incarichi a lui affidati dalle istituzioni le decorazioni per l’Andrea Doria e il mosaico per l’Istituto Tecnico di Magenta.

Ettore Beraldini (Savigliano,cn, 1887 – Verona. 1965)

Piemontese di nascita, Beraldini si trasferisce a Verona dove studia all’Accademia Cignaroli sotto la guida di Alfredo Savi-ni. Partecipa al gruppo veronese promosso da Felice Casorati, creando un legame moltoforte con il pittore Guido Trentini. In un diario degli anni di guerra sono contenuti disegni satirici, caricature e studi di paesaggio poi esposti alla Gran Guardia nel 1919.Partecipa a numerose biennali di Venezia ottenendo importanti consensi. Fu molto apprezzato come acquafortista e incisore.

Pietro Anacleto Boccalatte (Solonghello,al, 1885 – Torino, 1970)

Dopo la Scuola Tecnica a Tortona, frequenta la Reale Accademia Albertina di Torino. Entra in contatto con Giuseppe Pel-lizza da Volpedo, il quale gli dimostrerà sentimenti di stima, e conosce la pittrice Evangelina Gemma Alciati da cui nel 1907 avrà un figlio, Gabriele, il quale sposerà Ortensia(Ninì) Pietrasanta. Nel 1909 è ammesso, unico rappresentante del Piemonte, al Con-corso per il Pensionato Artistico Nazionale di Roma. Ritrattista e amante del genere paesaggistico, si dedica anche alla caricatura praticata soprattutto nei luoghi d’incontro degli artisti, le trattorie dei quartieri torinesi: fra i soggetti ritratti Arturo Martini. Il temperamento anarcoide e polemico ritarderà la sua partecipazione alle mostre della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino fino al 1915. Chiamato alle armi nel 1917 col ruolo di Caporale, trarrà dall’esperienza una serie molto intensa di «intimi taccuini di guerra». Nel 1923 partecipa alla seconda Biennale romana; l’anno successivo è presente alla XXVI Esposizione della Società degli “Amici dell’Arte” di Torino. Gli anni ’40e ’50 sono segnati da una costante partecipazione a mostre nazionali e regionali.

Luigi Bracchi (Tirano di Sondrio, 1892– Milano, 1978)

Nato a Tirano, in provincia di Sondrio, il 17 maggio 1892, Bracchi si trasferì a vent’anni a Milano, dove frequentò l’Accademia di Brera e lo studio del bresciano Giuseppe Ronchi, rimanendo sostanzialmente un autodidatta. Nel vivace ambiente artisti-co milanese degli anni Trenta divenne amico e assiduo frequentatore di personalità di primo piano come Aldo Carpi, Carlo Carrà, Achille Funi, Pietro Annigoni e Alberto Savinio, mentre già nel 1934 Edoardo Persico lo segnalava per l’«esemplare modernità». In seguito, negli anni Cinquanta, anche Leonardo Borgese ed Enrico Somarè ne avrebbero riconosciuto e apprezzato le doti artistiche. «Le soluzioni decorative della pittura contemporanea lo attirano – scrisse Somaré nel 1952 – ma la pianta dell’arte astratta non cresce nella sua mente. Il compito di astrarre lo affida al vero. Egli desidera assolvere quello di dipingerlo bene. I suoi dipinti sono di bucato, disegnati limpidamente, vestiti di tempera serica, stillanti di colore, sorridono».

Anselmo Bucci (Fossombrone, pu, 1887– Monza, 1955)

Inizia a dipingere giovanissimo e compie gli studi classici in Veneto, dove la sua famiglia si era trasferita. Nel 1905 si iscrive all’Accademia di Brera, a Milano, ma già nel 1906 va a vivere a Parigi. Qui, dopo un periodo iniziale di terribili stenti («Sono arrivato a Parigi nel 1906. Ho fatto il primo pasto nel 1910» scriverà lui stesso) viene apprezzato da critici come Apollinaire e Salmon. Le sue incisioni di Paris qui bouge (Parigi in movimento) sono stampate da Devambez, un importante editore parigino. In questo periodo Bucci vive a Montmartre, dove frequenta Modigliani, Severini, Picasso, Utrillo, Dufy e altri artisti. Conosce da vicino le ricerche delle avanguardie, ma rimane fedele a una figurazione post-impressionista. Nel 1912 si allontana da Parigi, compiendo lunghi viaggi in Sardegna, in Africa, nel Sud della Francia, di cui rimane traccia nelle opere. Nel 1914, allo scoppio della guerra, si arruola volontario nel Battaglione Ciclisti insieme con Marinetti, Boccioni, Sant’Elia e altri futuristi e diventa uno dei più prolifici ‘pittori di guerra’. Intorno al1919-20 la sua ricerca matura una svolta in relazione ai contatti con la cerchia del critico Margherita Sarfatti. Nel 1922, insieme a Sironi, Funi, Dudreville, Malerba, Marussig, Oppi, fonda il gruppo di Novecento, animato dalla stessa Sarfatti: il nome del gruppo è scelto proprio da Bucci. Nel 1926 partecipa alla I Mostra del Novecento Italiano.

Massimo Campigli (Firenze, 1895– Saint Tropez, Francia, 1971)

Max Ihlenfeld (poi Massimo Cam-pigli), figlio naturale di genitori tedeschi, nacque a Berlino. Nel 1909 si trasferì con la famiglia a Milano, dove collaborò alla rivista “Letteratura” e frequentò i circoli dell’avanguardia, entrando in contatto con Boccioni e Carrà. Durante la prima guerra mondiale Campigli cadde prigioniero e fu deportato in Ungheria nel 1916-18. Alla fine della guerra, trasferitosi a Parigi dove lavorò come corrispondente per il “Corriere della Sera”, iniziò a dipingere: le prime opere figurative applicavano schemi geometrici alla figura umana, riflettendo l’influenza di Pablo Picasso e Fernand Léger, nonché il purismo de “L’Esprit Nouveau”. Campigli fu inoltre profondamente colpito dall’arte egizia studiata al Louvre. L’importanza accordata all’ordine e alla tradizione, l’aura di serenità ed eternità erano in linea con le istanze postbelliche della ricostruzione e con il programma degliartisti di “Novecento”, con i quali Campigli espose regolarmente. A partire dal 1926Campigli si unì agli “italiani di Parigi”, insieme con De Chirico, De Pisis, Renato Paresce, Savinio, Severini e Mario Tozzi. Nel 1928,anno del debutto alla Biennale di Venezia, fu profondamente colpito dalla visita alla collezione etrusca del Museo di Villa Giulia a Roma. Nel corso di un viaggio in Romania, accompagnato dalla moglie Magdalena Radulescu, avviò un nuovo ciclo di opere raffiguranti donne impegnate in attività do-mestiche e agricole. Negli anni Trenta una serie di mostre personali a New York, Parigi e Milano decretò il successo internazionale dell’artista.

Aldo Carpi De’ Resmini (Milano, 1886–1973)

A dodici anni è spettatore e partecipe dei moti operai del 1898, degli arresti e delle repressioni di Bava Beccaris. Entra nel1906 all’Accademia di Brera, allievo di Tallo-ne, compagno di corso di Funi, Gola e Carrà. Nel 1912, dopo un esordio alla Permanente e alle mostre di Brera, partecipa alla Biennale di Venezia. Nel 1920 entra a far parte, anche se non attivamente, del gruppo Novecento e nel 1934 esegue il lavoro per le vetrate del Duomo di Milano. Vince numerosi premi. Nel 1944 un collega delatore rivela le origini ebraiche del pittore. L’artista viene deporta-to nei campi di concentramento, dove riesce a documentare la vita e la morte con schizzi e con un personale diario. Al suo rientro diviene direttore dell’Accademia di Brera .Negli anni riceve numerose, importanti benemerenze e riconoscimenti culturali

Felice Casorati (Novara, 1886 – Torino, 1963)

Appassionato di musica, scopre la pittura solo verso i diciotto anni quando, inseguito a una malattia, deve trascurare il pianoforte e il padre gli regala una grande scatola di colori. Laureato a Padova in giurisprudenza, Felice Casorati continua a dipingere e, prima di raggiungere la sua più nota maniera metafisica, vive un lungo periodo liberty. Nel 1910 il giovane pittore evolve il suo stile verso la linearità decorativa dei lavori successivi, evidentemente influenzato dalla Secessione Viennese. Nel 1913 l’artista tiene una mostra personale all’Esposizione di Ca’ Pesaro a Venezia, entra in contatto con Martini e Garbari e realizza una serie di tempere, acqueforti, acquetinte e punte secche di impronta visionaria, aderenti al dettato Secessionista. Allo scoppio del conflitto mondiale, viene richiamato alle armi; al suo ritorno si stabilisce a Torino dove conosce l’antifascista Gobetti e il gruppo degli «Ami-ci di Rivoluzione Liberale» al quale aderisce nel 1922. Negli anni Venti Casorati si accosta ai grandi maestri del Quattrocento Italia-no, come Mantegna e Raffaello. Sensibile al lavoro dei giovani artisti, nel 1923 creala “scuola di via Mazzini” nel suo studio e organizza per loro anche mostre collettive. I riconoscimenti sono sempre più numerosi: vince numerosi premi in Italia e all’estero e, nel 1952, il premio speciale della Presidenza. Nonostante l’amputazione di una gamba inseguito ad un embolo, l’artista continua a lavorare ed esporre fino alla morte nel 1963.

Bruno Cassinari (Piacenza, 1912– Milano, 1992)

Nel 1926 si iscrive alla scuola d’arte Gazzola di Piacenza e nel 1929si trasferisce a Milano dove lavora come orafo e frequentai corsi dell’Umanitaria, le scuole serali d’arte di Brera e del Castello, iniziando a dipingere e a scolpire. La sua pittura, apparsa per la prima volta in uno spazio pubblico nel 1933,viene definita spirituale, semplice e grottesca dal critico Giuseppe Donazzi. Nell’anno successivo è ammesso all’Accademia di Belle Arti di Brera dove si diploma nel 1938sotto la guida di Aldo Carpi. Comincia a frequentare l’ambiente artistico milanese. Nel 1938 nasce il periodico “Corrente di Vita Giovanile” e il sodalizio tra Cassinari, Treccani, Morlotti, Guttuso, Birolli e altri giovani artisti anti novecentisti, uniti dalla necessità di una libera ricerca espressiva. Partecipa alla Permanente di Milano, ai “Prelittoriali d’Arte” e alla IX Mostra d’arte del Sindacato interprovinciale fascista. Nel1939 vince il primo premio con Autarchia, esposto alla mostra di Trieste I Littoriali anno XVII. Partecipa con successo alle più importanti manifestazioni artistiche

Giorgio De Chirico (Volo, Grecia. 1888 – Roma, 1978)

A Volo aveva avuto lezioni di disegno dal pittore Mavrudis. Venne iscritto dal padre ingegnere all’Istituto Politecnico di Atene nel quale frequentò per due anni la scuola di disegno e di pittura. Dopo la morte del padre si trasferì a Monaco di Baviera dove frequentò per due anni l’Accademia di Belle Arti risentendo, anche al di fuori del puro campo artistico, il grande influsso della cultura e della poesia germanica. Negli anni successivi visse a Parigi dove espose, già nel 1912, 1913 e 1914 al Salon d’Automne e al Salondes Indipendants. Allo scoppio della guerra fu destinato a Ferrara, dove frequentò Carlo Carrà. Dopo quegli anni riprese lo studio della figura umana, con richiamo agli antichi. Artista eclettico, fu anche acquafortista, disegnatore, litografo, scrittore. Numerose esposizioni anche all’estero, come quelle di Londra e New York, ne confermano la notorietà e ne fanno uno dei vertici sommi della pittura a lui contemporanea.

Giuseppe Flangini (Verona, 1898–1961)

Uomo colto e fine letterato, inizia giovanissimo la carriera d’insegnante; nel contempo diviene noto per le sue produzioni drammaturgiche e e continua la formazione pittorica. La sua prima esposi-zione avviene nel 1921 alla Società di Belle Arti di Verona con il dipinto Preghiera; da allora è presente alle mostre biennali fino al 1959. Varie e numerose anche le esposi-zioni nazionali a cui partecipa, come le due esposizioni dell’Opera Bevilacqua La Masa del 1934 e 1936, seguite da varie personali in Italia e all’estero. Dopo il 1922 inizia lungo periodo di viaggi, che rappresentano una svolta decisiva nel suo modo di dipingere, alla ricerca dei suoi ideali maestri visitando i musei dei Paesi Bassi. Tra i suoi temi preferiti figurano i paesaggi urbani, le industrie, gli altiforni e la rappresentazione del duro lavo-ro dei minatori, soprattutto centro-nord europei. A partire dagli anni ’50 approfondisce la matrice espressionista della sua pittura suggestionata dalle opere di Ensor, che frequenta a Ostenda, Vlaminck e Van Gogh. Gli ultimi anni di Flangini, dal1959 al 1961, sono caratterizzati dalla nascita di un nuovo felice cromatismo riconducibile alle esperienze dei Fauves e di Vlaminck in particolare. Dopo la morte, avvenuta per avvelenamento da colore, istituzioni ed enti italiani e inter-nazionali gli dedicano importanti mostre commemorative.

Claudia Formica (Nizza Monferrato, 1903– Torino, 1987)

La scultrice Claudia Formica, allieva di Musso e Rubino all’Accademia Albertina di Torino, era nata a Nizza Monferrato, in provincia di Asti, nel 1903. Nel 1928, dopo un periodo di perfezionamento a Firenze presso lo studio di Calori, torna a Torino e partecipa alle rassegne della Promotrice d’Arte della città. A partire dal 1927 collabora con la manifattura ceramica Lenci realizzando alcuni modelli che vengono esposti alla mostra dedicata alla manifattura e tenuta alla Galleria Pesaro di Milano nel 1929. Nello stesso anno apre un suo laboratorio di ceramica e l’anno successivo lascia la Lenci. Partecipa alla Mostra dell’Artigianato di Firenze del 1933 e nel 1938 è presente alla Biennale d’Arte di Venezia. Tiene alcune mostre personali tra cui quelle del 1941 ad Alessandria ed Asti. Nel secondo dopo-guerra si dedica soprattutto alla scultura monumentale e celebrativa e partecipa alla Biennale d’Arte di Venezia del 1950 e alle Quadriennali di Roma del 1959 e del1960.Muore a Torino nel 1987.

Renato Guttuso (Bagheria, Palermo, 1911– Roma, 1987)

L’artista già nel 1924, appena tredicenne, comincia a firmare e datare i propri quadri, piccole tavolette dove per lo più copia i paesaggisti siciliani dell’ottocento. Negli anni seguenti comincia a frequentare l’atelier del pittore futurista Pippo Rizzo e l’ambiente artistico palermitano e nel 1928partecipa alla sua prima mostra collettiva. Per poter vivere a Roma esegue alcuni lavori di restauro alla Pinacoteca di Perugia e alla Galleria Borghese di Roma. Dal 1929 collabora con giornali e riviste e già dai primi soggetti critici si delineano le scelte in favo-re di una pittura impegnata. A causa del ser-vizio militare trascorre il 1935 a Milano, dove stringe amicizia con artisti e scrittori, ma dove vive anche una profonda depressione a causa delle ristrettezze economiche. Tra il1937 e il 1939 si trasferisce definitivamente a Roma dove i suoi studi saranno spesso al centro di composizioni pittoriche e diverranno dei veri e propri centri intellettuali vi-vaci ed interessanti della vita culturale della capitale. Nel 1943 lascia Roma e partecipa attivamente alla resistenza antifascista. Finita la guerra, a Parigi stringe amicizia con Pablo Picasso. In Italia fonda il movimento Fronte Nuovo delle Arti e prosegue l’attività di realizzazione di scenografie operistiche e drammaturgiche. Negli anni sessanta collabora con le più importanti riviste italiane e internazionali con scritti di teoria e critica d’arte, prendendo posizione nel dibattito sul realismo. Si trasferisce a Palazzo del Grillo dove continuerà ad abitare e lavorare fino alla morte.

Giovanni Lentini (Palermo, 1882 – Milano, 1955)

Discendente da una importante fa-miglia di artisti siciliani, inizia a dipingere ancora bambino e collabora giovanissimo con il padre Rocco. Già a 18 anni è nominato professore delle Scuole Tecniche Normali di Palermo e aiuta il padre nella realizzazione di scenografie e decorazioni per palazzi e ville patrizie tra cui la decorazione del Teatro Massimo di Palermo. Nel 1928, a soli 26anni, vince il concorso per insegnante ordinario all’Accademia di Brera a Milano. Rice-ve numerosi riconoscimenti e onorificenze e le sue opere sono acquistate da S.M. il Re. Durante la Grande Guerra svolge un ruolo da protagonista con l’invenzione dei nuovi sistemi mimetici, per i quali è premiato con la Croce al Merito di Guerra. Al termine del conflitto riprende la sua attività d’artista partecipando alle più importanti esposi-zioni italiane. Chiude la sua carriera come direttore artistico della sezione di Pittura dell’Accademia di Belle Arti di Parma, dopo quarant’anni di insegnamento.

Giuseppe Mascarini (Bologna, 1877 – Milano, 1954)

Dopo studi classici al collegio “Silvio Pellico” di Legnano, nel 1895 si iscrive all’Accademia di Brera dove insegnano Giuseppe Mentessi per la prospettiva, Vespasiano Bignami e Filippo Carcano per la figura. Consegue premi già nel 1896 e 1897 alle esposizioni di Brera. Nel 1900 l’Accademia lo nomina “Socio Onorario” e in seguito membro della commissione permanente di pittura. I primi anni del secolo lo vedono a Parigi, dove segue con interesse le tendenze pittoriche del nuovo secolo: influssi del simbolismo e del divisionismo si ritrovano infatti nei dipinti delle prime decadi del novecento. Appartengono a questo periodo le grandi tele e i paesaggi alpini dove la tripartizione degli orizzonti, il divisionismo e i cieli che conducono verso l’infinito la percezione visiva riportano a reminiscenze di Puvis de Chevannes, di Hodler e Segantini. Nel 1912un suo ritratto di Bice Grubicy e un profilo di bambina vengono esposti al “Salon” di Parigi. Espone alle Biennali internazionali di Venezia a partire dal 1900.

Francesco Messina (Linguaglossa, 1900 – Milano, 1995)

Cresciuto a Genova dove studia e vive fino all’età di trentadue anni, si trasferì poi a Milano. È considerato dalla critica tra i più grandi scultori figurativi del Novecento italiano, insieme a Giacomo Manzù, Arturo Martini, Marino Marini, Felice Mina. È l’autore di alcuni dei maggiori monumenti del Novecento italiano: “Santa Caterina da Siena” (1961/2), collocata sul lungotevere di Castel Sant’Angelo, raffigura la cantante e attrice Maria Sole, sua modella; la “Via Crucis” di San Giovanni Rotondo; il “Cavallo morente” della RAI; il “Monumento a Pio XII” nella Basilica di S. Pietro. Le sue opere figurano inoltre nei più prestigiosi musei del mondo: Berna, Zurigo, Göteborg, Oslo, Monaco di Baviera, Parigi, Barcellona, Berlino, San Paolo del Brasile, Buenos Aires, Venezia, Mosca, San Pietroburgo, Vienna, Washington, Tokyo. Dal 1922 inizia a esporre regolarmente alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia e tra il 1926 e il 1929 partecipa alle esposizioni del gruppo artistico Il Novecento Italiano a Milano. Nel 1932 si trasferisce a Milano, dove, come vincitore di un concorso nazionale, ottiene nel 1934 la cattedra di scultura presso l’Accademia Brera di cui di-viene, dopo soli due anni, direttore. In quegli anni scrive di lui Carlo Carrà «La scultura di Francesco Messina si caratterizza per un fare semplice e grandioso e per procedimento idealistico e classico, in grado di dar vita a forme che restano come immagini ideali». Negli anni trenta partecipa a molte importanti mostre collettive d’arte italiana a Barcellona, Berlino, Berna, Göteborg, Monaco di Baviera, Oslo, Parigi, San Paolo del Brasile, Zurigo. Nel 1937 esegue per la città di Pavia il monumento equestre, detto del “Regisole”, a ricordo di un altro monumento romano dedicato all’imperatore Antonino Pio e distrutto dai soldati francesi nel 1796. Nello stesso anno realizza il “Ritratto di Salvatore Quasimodo”, busto in bronzo. Nel1938 Giorgio de Chirico a Roma e Salvatore Quasimodo a Torino presentano due sue mostre personali. Nel 1942 vince il Premio di Scultura alla XXIII Biennale Internazionale d’arte di Venezia, dove tiene una mostra personale con quindici sculture e diciassette disegni. Nel 1943 è nominato Accademico d’Italia. Caduto il regime fascista è temporaneamente allontanato dall’Accademia, per il solo fatto di esserne stato direttore nel periodo fascista; nel 1947 riottiene però la cattedra di scultura. Sempre nel 1947partecipa all’esposizione di scultura e grafica a Buenos Aires nella Galleria Muller riscuotendo notevole successo, mentre1949 espone alla 3rd Sculpture International di Filadelfia assieme a Marino Marini e Picasso e nel 1956 partecipa con una mostra personale alla XXVIII Biennale di Venezia. Nel 1963 esegue il grande monumento a Pio XII per la Basilica di San Pietro in Roma e il busto di Pietro Mascagni per il Teatro alla Scala. Nello stesso anno a Firenze gli viene conferito il Premio Michelangelo per la scultura. Nel 1966 risponde all’accorato appello di Carlo Ludovico Ragghianti che chiede un’opera in dono a sostegno della città di Firenze, gravemente ferita dall’alluvione del4 novembre. Messina generosamente inviala scultura “Stallone” del 1958, esposta dal2014 al Museo Novecento di Firenze. Nei primi anni settanta gli viene assegnata la Sala Borgia della Galleria Vaticana Paolo VI, de-dicata all’arte sacra contemporanea, come sede di un’esposizione permanente di venti opere di soggetto sacro .Nel 1974 viene aperto a Milano il Civico museo-studio Francesco Messina nell’antica chiesa sconsacrata di San Sisto al Carrobbio: in quello che sarà fino alla sua morte lo studio ufficiale, espone permanentemente circa ottanta sculture(gessi, terrecotte policrome, bronzi, cere)e una trentina di opere grafiche (litografie, pastelli, acquarelli, disegni a matita) donate al Comune di Milano. Nel 1978 partecipa a due grandi mostre in Unione Sovietica presso il Museo Puskin di Mosca e all’ Ermitage di Leningrado, dove gli vengono dedicate alcune sale grazie alla donazione di circa 40opere di scultura e altrettante di grafica. Fino alla sua morte, avvenuta a Milano nel1995, continua il suo lavoro di scultore e pittore.

Enrico Mazzolani (Senigallia, 1876 – Milano, 1968)

Figlio di un nobile marchigiano, Filippo Maria, inizia studi classici che interrompe per trasferirsi nel 1897 a Roma, dove frequenta la scuola libera del nudo dell’Accademia di Belle Arti e diviene assistente dell’artista Ettore Ferrari.Nel1902, insoddisfatto della cultura accade-mica e conformista della Capitale, torna a Senigallia e incomincia a eseguire busti ingesso, come quello di Giulio Perticari. Si trasferisce a Milano nel 1906 e, per man-tenersi, inizia l’attività di aiuto architetto, con Giorgio Macchi e Luigi Broggi. Dopo la guerra riprende l’attività scultorea e molte sue opere vengono concepite per essere collocate negli edifici residenziali di pregio progettati da alcuni architetti suoi amici. A Milano frequenta Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville e Carlo Carrà. Nel 1928 vince la medaglia d’oro alla Mostra nazionale della ceramica di Pesaro e porta i suoi lavori alla Biennale di Venezia. Inizia a lavora represso la manifattura Focaccia & Melandri, Nel 1932 espone alla galleria Pesaro di Milano ventuno delle sue sculture più note Frequentatore assiduo del vivace ambiente degli artisti e degli intellettuali milanesi, che gravitavano attorno alla trattoria di via Bagutta, espone nelle principali occasioni ufficiali senza mai legarsi a nessuna corrente o moda artistica: questo sostanziale isolamento gli costerà un periodo di oblio subito dopo la morte.

Cesare Monti (Brescia, 1891 – Bellano, 1959)

Si reca giovanissimo a Parigi e vi trascorre due anni (1906-1908). Tornato a Brescia, studia pittura con Edoardo Togni, allievo di Gaetano Previati e si accosta alla tecnica divisionista. Nel 1911 si trasferisce a Milano ed inizia a frequentarvi il vivace ambiente artistico. Nel 1922 confermala presenza alla XIII Biennale di Venezia. Nel 1923 prende parte alla XIV Mostra di Ca’ Pesaro a Venezia; l’anno successivo è nominato socio onorario dell’Accademia di Brera e gli viene assegnato il Premio Magnocavallo. Nel 1926 partecipa alla I Mostra del Novecento Italiano alla Permanente di Milano. Dal ’27 conferma la presenza alle principali rassegne nazionali ed internazionali del Novecento Italiano ed è presente nel 1931 alla I Quadriennale romana insieme ai novecentisti lombardi. Nel 1937 è nomi-nato Direttore della Famiglia Artistica e nel1939 professore onorario all’Accademia di Carrara.

Giulio Vito Musitelli (Treviglio, 1901 – Milano, 1990)

Nasce in provincia di Bergamo dove frequenta dal 1918 al 1923 l’Accademia Car-rara come allievo di Ponziano Loverini; ha poi come maestro Ermenegildo Agazzi e nel1943 è chiamato come professore alla stessa Accademia. Grande ritrattista, paesaggista, personalissimo e sensibile pittore della vita contadina, ottiene presto premi e riconoscimenti. Partecipa a Monza alla Mostra del Ritratto nel 1924. Nel 1927 si trasferisce a Milano dove espone alla Galleria Micheli nel 1931, alla Casa degli Artisti nel 1932 e nel1934, alla Permanente nel 1938. Raggiunge notevoli livelli tecnici ed artistici non solo nel disegno, ma anche nell’incisione, appresa da Romeo Bonomelli. Nel febbraio 1942 i bombardamenti su Milano gli distruggono lo studio di via Castel Morrone e tutta la sua produzione artistica, gelosamente conservata. Dopo un’intensa attività espositiva, di carattere sempre più chiuso e solitario, si rifugia per lunghi periodi nello studio di Piazzolo di Ardesio.

Bernardino Palazzi (Nuoro, 1907 – Milano, 1986)

Studia disegno a Roma nel 1921 sotto la guida di Carlo Alberto Petrucci, ma dopo alcuni mesi si trasferisce, quattordicenne, a Firenze nello studio di Felice Carena. Nel1922, raggiunta la famiglia a Padova, entra in contatto con l’ambiente artistico e critico veneto e inizia a perfezionarsi copiando le opere dei grandi Maestri del passato. Alla I Esposizione degli Artisti di Ca’ Pesaro al Lido nel 1925 presenta una serie di dipinti a soggetto sardo: ha 18 anni e Sua Maestà il Re acquista il suo dipinto La famiglia. Nello stesso anno decora il padiglione della Moda alla Fiera Campionaria di Milano. A soli ventun anni viene invitato alla XVI Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia, dove sarà presente fino al 1948. Nel 1929 en-tra a far parte del gruppo milanese Bagutta, a cui rimane legato per tutta la vita.

Piero Persicalli (Zara, 1886 – Cantù, 1977)

Nasce nel 1886 a Zara, allora austro-ungarica, da una famiglia agiata di origini e cultura italiana nella peculiare dimensione cosmopolita veneziana. Nel 1909studia pittura all’Accademia di Monaco con Habermann; trasferitosi a Vienna, ottiene un primo successo espositivo, confermato nel 1914 al Salon des Indépendants a Parigi. La prima guerra mondiale interrompe la sua carriera che riprende nel 1920 con esposi-zioni prestigiose: la Prima Biennale di Roma del 1921 e la Primaverile Fiorentina del 1922.Nel 1924 una mostra a Milano lo rivela talentuoso ‘paesista’ di marine dalmate «incantate e poetiche» (Carlo Carrà). L’anno successivo, a Trieste, espone disegni a soggetto marino, tema tipico della sua ricerca. Dopo il doloroso trasferimento da Zara a Como nel1929, apre uno studio di disegni per tessuti che gli consente autonomia, anche economica, e lo riconcilia con l’idea respirata nel milieu tedesco, dell’assenza di barriere tra arte pura e arte decorativa.

Ortensia (Nini’) Pietrasanta (Bois Colombes, Francia, 1909– Arese,mi, 2000)

Nasce in un sobborgo di Parigi, Bois Colombes, ove i genitori vivono per ragioni di lavoro, per poi rientrare a Milano dove il padre insegna. Orfana di madre a 12 anni, riceve dal padre una vasta educazione, come s’usava presso le famiglie benestanti. Alla pittura viene avviata dal pittore Giuseppe Mascarini, ma nel frattempo sulle orme del padre inizia l’attività escursionistica. Nel1932 conosce Gabriele Boccalatte, figlio dei pittori Pietro Anacleto Boccalatte e della pittrice Evangelina Gemma Alciati. di professione pianista ma esperto alpinista. Ninì lo assiste dopo un incidente di montagna e diventano coppia inseparabile nelle escursioni affermandosi fra i più famosi alpinisti dell’epoca. Nel 1937 ricevono una medaglia d’oro al valore atletico e poco dopo si stabiliscono a Milano dove nasce Lorenzo. L’anno successivo Gabriele muore tragicamente sul Triolet, travolto da una frana. Ninì, distrutta dalla perdita, di dedica alle memorie delle avventure condivise.

Guido Trentini (Verona, 1889 – 1975)

Diplomato all’Accademia di Belle Arti dell’Accademia Cignaroli, diviene titolare della cattedra di pittura e membro del Comité National des Arts Plastiques (Unesco). Considerato tra i protagonisti della pittura del Novecento, è presente dal 1910alle più importanti manifestazioni artisti-che, conseguendo premi e riconoscimenti: Biennale di Venezia dal 1910 al 1954; Quadriennale di Roma (per tre edizioni); Premio città di Monza, Premio Titano; Premio Modigliani 1958. Nel 1963 riceve la medaglia d’oro dal Presidente del Senato e nel 1967alla Biennale di Verona. Sue opere figurano nelle Gallerie d’Arte Moderna di Verona e di Atene, alla Ca’ Pesaro di Venezia, presso i Musei Villa Giulia di Roma e Reale di Bruxelles, nella Villa Reale di Monza.

Mario Vellani Marchi (Modena, 1895 – Milano, 1979)

Nasce a Modena nel 1895 e studia all’Accademia di Belle Arti. Nel 1914 vince il Premio Poletti per la pittura. Partecipa, come ufficiale, alla prima guerra mondiale. Nel 1924 ottiene un importante riconoscimento ufficiale alla Biennale d’Arte di Venezia dove espone, su invito, per altre dieci edizioni fino al 1950. Nello stesso anno conosce, con Pio Semeghini, quello che sarà “il luogo” della sua pittura: l’isola di Burano, divenendo, con l’amico veneziano Carlo Dalla Zorza, rinnovatore e maestro della seconda generazione della “Scuola di Bura-no”. Nel 1925 si trasferisce definitivamente a Milano dove ben presto si impone come figura di primo piano nell’ambito artistico culturale milanese e non solo: tra i fonda-tori, con Riccardo Bacchelli e Orio Vergani, del “cenacolo baguttiano”, redattore della “Fiera Letteraria”, collaboratore della rivi-sta “L’Illustrazione Italiana”, scenografo per il Teatro alla Scala, viene inviato nel 1934 dal Corriere della Sera (come disegnatore) nel continente africano, assieme all’amico Ver-gani, per un importante reportage durato sei mesi.

Carlo Vitale (Milano, 1902 – Camogli,ge, 1996)

Frequenta la Regia Accademia di Belle Arti di Milano negli anni dal 1920 al1922 sotto la guida di Beltrame, Lentini e Palanti. Dopo un soggiorno romano, nel 1927si trasferisce a Firenze per completare la sua formazione pittorica con Felice Carena Al rientro a Milano intervalla la sua attività italiana con frequenti soggiorni a Parigi. Lo studio è anche un luogo d’incontro per intellettuali e pittori, tra i quali Renzo Bongiovanni Radice, Leonardo Borgese, Piero Gad-da Conti, Antonello Gerbi, Mauro Reggiani, Ernesto Rogers, Mario Sironi e Fiorenzo Tomea. Già nel 1924 si impone all’attenzione della critica e del pubblico; è presente alla Biennale di Venezia e in altre importanti manifestazioni nazionali. Nel 1939 si trasferisce a Parigi, alla scuola di A. Lhote; espone al Salon des Indépendants e al Salon des Tuileries. All’invasione delle truppe tedesche si rifugia a Berna, rientrando periodicamente in Italia; nel 1944 è nei campi profughi in Svizzera. Rientrato nel 1945, l’artista inizia un’intensa attività espositiva e disegna su commissione di grandi complessi industriali e commerciali come Ansaldo, Michelin, RI-V-SKF. Mantiene fino al 1975 l’incarico d’in-segnante all’Accademia di Brera.

Amalia (Gina) Zandavalli (Prun di Verona, 1899 – Milano, 1993)

Crocerossina nella prima guerra mondiale, interprete delle commedie del marito, l’artista Giuseppe Flangini, fu pittrice di fama nazionale ed internazionale, come attestano le numerose onorificenze ricevute : la nomina nel 1978 ad Accademico d’Italia con medaglia d’oro e l’Ambrogino d ’Oro del Comune di Milano nel 1978. Nota pittrice figurativa, ritrasse personaggi del mondo dello spettacolo e della vita politica: all’ex regina Maria Josè, ad Alcide De Gasperi, scelto personalmente dallo statista, alla cantante lirica Giulietta Simionato, all’imperatrice Farah Dibah. Sue opere si trovano a Bruxelles, Teheran, Addis Abeba, Parigi, Buenos Aires, San Paolo del Brasile, in cattedrali estere, in Vaticano, alla corte belga, al Centro De Gasperi di Milano, a Palazzo Reale e in collezioni pubbliche e private. Ha partecipato alla vita artistica nazionale e internazionali, con premi e ri-conoscimenti di grande prestigio, tra cui il Diploma di Merito per la promozione della Cultura Italiana 1985, Riconoscimento del Parlamento Europeo e dell’aspa1986, la Laurea Honoris Causa in Art Discipline con-ferita, per meriti artistici, dalla North West Londra University.

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